Emma a Vanity Fair: “Amavo una persona che non esiste”

12
Giu
2012
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E’ appena uscito in edicola il numero di Vanity Fair con la bella Emma Marrone in copertina, che ha rilasciato per la prima volta un’intervista molto personale: ha finalmente detto la sua su tutto ciò che è successo poche settimane fa, e se inizialmente aveva mostrato una grande classe e dignità nel non abbandonarsi a pettegolezzi di bassa lega per continuare a fare il suo lavoro, ora cerca di elaborare l’accaduto in maniera sempre composta e riflessiva.

 

Le avevano anche offerto un sacco di soldi per parlare alla stampa del famigerato triangolo Belen-De Martino-Emma, ma lei ha sempre rifiutato, non ne ha voluto sapere. Non si è lasciata abbandonare a insulti e frecciatine pubbliche di basso livello ed è andata avanti da sola, senza farsi abbattere. Ora, dopo più di un mese dall’accaduto, si dice più serena e analizza il percorso che l’ha portata a subire lo stesso torto dal suo fidanzato per ben due volte nel giro di un anno:

 “Era tutto nella mia testa: mi sono innamorata di un’idea che mi ero costruita da sola. Lui non c’entra, lui non è niente, poveretto. Ha fatto una cosa che farebbero milioni di persone, è come gli altri milioni, uguale. Non c’entra nemmeno lei, figuriamoci. È simpatica, è bella, fa i balletti, sta senza mutande: fa bene, è il suo lavoro. Non m’interessa per niente sapere se è tutto orchestrato o se è vero, spero che sia vero ma chissenefrega.”

E’ su se stessa che deve lavorare Emma, dunque, sugli sbagli che l’hanno portata a credere che quella persona fosse diversa:

Il problema sono io. Ero io. Mi ero fatta un film. Io ho sempre fatto tutto da sola. Anche gli errori. Com’è che mi sono messa a disposizione di uno così, consegnata mani e piedi? Io che dicevo, dopo il tumore, alle ragazze: il problema nella vita non è un fidanzato stronzo, il problema è vivere, farcela, tenere la testa alta, resistere, andare avanti… Avevo in mente l’idea di una persona che non esiste. Si vede che dovevo passare anche da lì, diventare grande… È stato doloroso, questo mese e mezzo, ma utile. Ho passato dei momenti tremendi. Quelli in cui torni a casa la sera e dici: e ora? Ora per chi stiro, per chi cucino? Ma come è stato possibile, ma sarà stata colpa mia? Cos’è che non ho fatto bene, cosa mi manca? Ero troppo, troppo poco? E poi pensi ma non ha capito niente di me, ma non ho capito niente di lui. Poi un giorno, all’improvviso, è tutto chiaro.”