Niccolò Fabi “Ho trasformato il dolore per la morte di mia figlia in un aiuto a chi ha bisogno”

24
Lug
2018
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Sono passati 8 anni da quando, il 3 luglio del 2010, a soli 22 mesi di vita la figlia Lulù di Niccolò Fabi muore in seguito ad un attacco fulminante di meningite, presso l’ospedale pediatrico Bambin Gesù di Roma.

Per Fabi fu un dolore enorme, che riuscì dopo alcuni anni a trasformare in un progetto utile a chi ha bisogno e a chi si trova in difficoltà. Oggi racconta La verità è che siamo un Paese di esseri umani con grandi entusiasmi, generosità, slanci. Un Paese sentimentale, che dà grandi prove di collettività nelle emergenze. Ma di fatto siamo solisti, non orchestre, imbrigliati fra i tanti cavilli burocratici”.

In seguito alla morte della figlia, l’artista con la sua compagna Shirin Animi ha creato una fonazione dal titolo Parole di Lulù alla quale vengono spesso collegati tanti eventi benefici; tra gli ultimi il concerto in programma a settembre per festeggiare l’anniversario della nascita di questa fondazione.

Raggiunto dai microfoni del quotidiano Il Corriere, l’artista ha raccontato come è riuscito a raccogliere oltre 250 mila di donazioni in otto anni di attività.

“Non so neanche se oggi la chiamerei ancora così, la Fondazione: il motivo per cui continua Parole di Lulù non è continuare ad avere un rapporto con qualcuno che non c’è più. Eventualmente è rimanere attaccati a quello che noi abbiamo imparato grazie all’esistenza di qualcuno, ci permette di concretizzare qualcosa. Tutte le cose più importanti che ho imparato le ho imparate separandomi. Quindi non riesco a vedere una fine di qualcosa come qualcosa di negativo, che toglie dignità: non considero neanche il fatto che io e Shirin ci siamo lasciati come un fallimento, anzi a maggior ragione Parole di Lulù ha un ulteriore significato, in virtù di questo. Parole di Lulù è un sentimento, e quel sentimento per fortuna non è che si esaurisce”.

Per Fabi e la compagna questa fondazione è stata una rinascita, qui hanno riversato il proprio dolore trasformando in un aiuto concreto ai più bisognosi Purtroppo o per fortuna sono entrata in contatto col dolore molte volte, e trasformarlo mi è sembrata l’unica via percorribile. Considero un privilegio tutte le persone che mi sono state e mi sono accanto alleggerendo e colorando la mia vita di emozioni, intensità e leggerezza: ridere è fondamentale, ridere di sé è importante. Abbiamo cominciato colorando la nostra casa di alberi in tutte le stagioni, arcobaleni e balene, trasformandola in un asilo. Quel lavoro fisico e manuale è stato per me e chi mi era accanto una meravigliosa metafora pratica di ciò che intendo per trasformazione”.