Vasco Rossi si definisce un pittore della musica “Creo bozzetti”

21
Set
2020
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Una carriera lunga decenni, innumerevoli successi e un microfono che non è ancora pronto per essere appeso “al chiodo”. Vasco Rossi si racconta in un’esclusiva confessione attraverso i social, ripercorrendo un po’ tutta la sua carriera.

Il viaggio attraversa tanti momenti importanti, dall’indimenticabile Festival di Sanremo 1993 alla sua iconica Vita Spericolata.

La musica di Vasco Rossi nasce dalla sofferenza ma il cantante non scrive canzoni mentre soffre, piuttosto quando ha già superato i momenti di sofferenza, nel ripensarci. 

“La mia arte nasce ancora dalla sofferenza, ma viene fuori ripensando a quando sono stato male, non mentre soffro. Tutto è bello se riesci a trasfigurarlo in arte, anche il dolore, il terrore, la paranoia. Io sono un artista, un pittore. Creo bozzetti, do segnali alla gente, che li prende e li trasforma in qualcosa d’altro”, sono le parole dell’artista che ha spiegato di recente anche la nascita di Vita Spericolata, uno dei suoi brani di maggior successo.

“Spericolato, rischioso, avventuroso. Nel senso che dice Nietzsche, vita vissuta pericolosamente e pienamente accettandone le sfide, i rischi, le fatiche, le gioie e le sofferenze. Cercare di prevenire e affrontare gli ostacoli, non evitarli”, racconta, poi spiega di aver rifiutato un lavoro in banca per inseguire il suo sogno di vivere di musica, probabilmente la scelta migliore della sua vita.

Il Kom prosegue “Rifiutai un lavoro sicuro in banca per inseguire il mio sogno di vivere di Musica e Parole, una vita non garantita, non omologata, indipendente. Fare cose spericolate significa fare esercizio, ripetere e imparare tecniche, rischiare ma portare sempre a casa la pelle. Con disciplina e esercizio costante, come il funambolo, il trapezista, l’atleta o il chitarrista, si arriva a fare sembrare semplice una cosa molto difficile”.

Il momento più significativo di tutta la sua decennale carriera rimane sempre quel festival di Sanremo e quella Vita Spericolata portata sul palco del teatro più ambito d’Italia nel 1993 “Fu un’autentica provocazione nel cuore del sistema della canzone italiana e uno schiaffo della nuova generazione alla platea perbenista dell’epoca”, un brano di rottura, coraggioso e spericolato quanto la musica di Vasco. La canzone, che, pur entrando in finale al Teatro Ariston, si classificò al penultimo posto nella graduatoria e raggiunse lo stesso anno solo il sesto posto nella classifica dei 45 giri, divvene col tempo uno dei classici della musica italiana.