Elton John racconta gli ultimi giorni di Freddie Mercury “Sapeva che la morte per agonia stava arrivando”

16
Gen
2019
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Freddie Mercury è stato raccontato da tutti, tutti ne ricordano il mito e la grande bravura in campo artistico, tutti ricordano i titoli dei giornali che ne annunciarono la morte, ma pochi davvero sanno cosa lui abbia veramente vissuto in quegli ultimi giorni.

Al suo fianco, tra i tanti amici c’era anche Elton John che gli è stato vicino fino all’ultimo respiro. Il racconto di questi momenti venne alla luce alcuni anni dopo la scomparsa di Freddie, avvenuta il 24 novembre 1991, contenuto nel libro Love Is the Cure: On Life, Loss, and the End of Aids, in parte a lui dedicato.

Nel volume, che tratta il delicato tema dell’Aids, c’è il racconto scritto in prima persona, di quell’ultimo suo periodo di vita.

“Freddie non ha annunciato pubblicamente di avere l’Aids fino al giorno prima di morire nel 1991. Sebbene fosse ardente sul palcoscenico – un frontman elettrico al pari di di Bowie e Jagger – era un uomo intensamente riservato fuori dal palco. Ma Freddie mi disse che aveva l’Aids poco dopo che gli fu diagnosticata nel 1987. Ero devastato. Avrei visto ciò che la malattia ha fatto a così tanti altri miei amici. Sapevo esattamente che cosa stava per fare a Freddie. E anche lui. Sapeva che la morte, la morte per agonia, stava arrivando. Ma Freddie era incredibilmente coraggioso. Tenne il passo con le apparenze, continuò a suonare con i Queen, e continuò a essere la persona divertente, oltraggiosa e profondamente generosa che era sempre stato.

Quando Freddie peggiorò alla fine degli anni ’80 e nei primi ’90, era quasi troppo da reggere. Mi si spezzo il cuore a vedere questa luce assoluta nel mondo devastata dall’Aids. Alla fine, il suo corpo era coperto da lesioni da sarcoma di Kaposi. Era quasi cieco. Era troppo debole per stare in piedi.

Per diritto, Freddie avrebbe dovuto trascorrere quei giorni finali circondato solo con le sue stesse comodità. Lui viveva davvero per gli altri. Freddie è morto il 24 novembre 1991 e settimane dopo il funerale, lo stavo ancora piangendo. Il giorno di Natale, ho appreso che Freddie mi aveva lasciato un testamento finale sul suo altruismo. Ero in giro quando un amico giunse alla mia porta e mi diede qualcosa di incartato in una scatolina. Lo aprii e dentro c’era un dipinto di uno dei miei artisti preferiti, il pittore britannico Henry Scott Tuke. E c’era un appunto di Freddie. Anni prima, io e Freddie avevamo sviluppato dei nomignoli l’un per l’altro, per i nostri alter ego da drag queen. Io ero Sharon e lui Melina. L’appunto di Freddie diceva: ‘Cara Sharon, ho pensato che ti sarebbe piaciuto. Ti voglio bene, Melina. Buon Natale’.

Ero sopraffatto, 44 anni al tempo e mi sono messo a piangere come un bimbo. Qui c’è stato questo bellissimo uomo, che è morto di Aids e nei suoi ultimi giorni si è dato da fare per cercarmi un adorabile regalo di Natale. Era un momento triste ma è spesso uno a cui penso quando mi ricordo di Freddie, perché cattura il personaggio e l’uomo. Nella morte, mi ha ricordato di ciò che l’ha reso così speciale in vita.”.